Notte
Tu vieni a trovarmi –
troppo ti trattieni
che pari infinita
Non racconti più le fiabe
ma plotoni di pensieri
pronti a trucidare …
… i miei occhi aperti
impossibili a dormirti
© ore 6,19
Tu vieni a trovarmi –
troppo ti trattieni
che pari infinita
Non racconti più le fiabe
ma plotoni di pensieri
pronti a trucidare …
… i miei occhi aperti
impossibili a dormirti
© ore 6,19
Scintillano
gemme azzurre
nello scrigno d’acqua
alla radura
Le guarda
Monnarosa in positura
dal suo regno sul monte
non teme la notte
né il prima né il dopo:
sa che nessun genere potrà
mai sfiorare la sua stoffa
e lascia – generosa –
che resti e avanzi
infeltriscano fuori dalle orbite
Nel Come che gira alla vita
ha fiducia –
e con quel senso di misura
sorseggia guizzi di pronomi
possessivi raccolti
/ che la resero prima ed assoluta /
© ore 8,12
Dimmi …
… dimmi per quanto
ancora
su questa base
sfideremo l’altezza
moltiplicandola
per dividerci –
e ai fianchi del tempo
rammenteremo ipotenuse
affrontando metafore,
equazioni, teoremi
elevati all’ennesima
impotenza
i n e r t i
/ oltre il punto di domanda /
come fummo e restiamo
coerenti
di splendida incoerenza
sotto il tetto di una mano
a mescolare
stazioni senza braccia
© ore 7,23
Dove non voglio –
in lento fluire
freddo percepire
di un magma
cannibale
Lo sento –
bussa all’orecchio
dell’albero
qualcosa che tira
passa alle radici
le infiltra
sale in cima a brucianti
brividi
M’avvisa –
e senza profferire
guarda la mente
ciò che l’anima intuisce
dal suo casco stretto
focalizzando appena
… la sua stella svanire …
fra l’infinito che brilla
e non mi esiste
© ore 8,10
Spesso
ci intersechiamo –
vie
accadimenti
pensieri
come fossimo ancora braccia
che si cercano trovandosi
in momenti preziosi e rari
So del dado tratto
di quel che stai facendo –
col cipiglio corrucciato
ti vedo e ti immagino
vena solitaria
nel preciso istante
mentre mi leggi
agitato
/ mare nella tua solita stanza /
Forse non capirai
accampandoti al mio stato
ma è fatto sacro
che voglio tramandare
me lo dovevo per saldarlo
almeno sulle pagine
straziato da un vello immortale
© ore 8,25
Dorme sotto la coltre
quel calore che è in attesa –
non sa se crosta sia neve
dell’ora ghiaccia o terra ferma
ciò che sta oltre il sapere,
se il silenzio sia coscienza
/ ma cova /
e quando anche lui tace
volge a trascendersi
per apparire immenso
nel punto suo più alto
Piccolo Seme lì capitato
avrai parole di vento
a ricompensa –
a cielo perso, a cera arsa
tanti o pochi passi
in un borsellino di fiori e sassi
scoccati tra arcigni temporali
e assolate spiagge
colme di pesci rari
Sarai grappolo d’acqua e di vino
visione del tuo sentire esausto alla fine
quando forse tutto ricomincia …
… senza più ricordarti di quanta fame
hanno l’onde del mare
© ore 7,19
Quali segreti
scorrono,
s’ingarbugliano
nei vichi
dell’Essere…
… e quale certezza del sapere
sapendoci reale vapore?
Ma vedrai
esisteremo – la Promessa –
stretti stretti
lì ad accoglierci
ignorando chi dei due
sarà il primo
dell’ultimo respiro
Noi
Inseguitori fuggenti
prede del nostro Io
valicheremo l’arco
della corteccia
appesi all’Amo antico
dove tutto ricomincia
dalla fine
E il nostro appuntamento
sarà vero
… se è vero …
che solo immaginandolo
l’Amore esiste
°
Titolo collegato al mio ultimo libro “Giochi di donna”:
letteratura con illustrazioni – Copertina su sezione libri.
Se si andrà a votare,
voterò per non dimenticare
ciò che la vita insegna
appena inizia a sfiorire
Accendere lumi al naso, invece
/ prima /
scovare quel Sommelier
dal credito facile,
nero cappotto
essenziale nel vestirti
mentre bevevi a crepapelle
infreddolito
senza vedere né sentire
oltre il narciso fiorito
/ poi /
quando non corresse un caffè caldo
sminuito,
morbida sciarpa in inverno
a scaldarti il fiato
– che era parte di un altro bello –
Misure di colli invalicabili
annuirono
e della stessa aria non sapesti che farne
© ore 9,16
Sull’acqueo soffio
silenziosa scivola
culla di piume –
gli alberi si spogliano
li dirige la luna
© ore 8,11
E ci guardammo parole –
poiché i volti per tanto latitarono
da non più meritarsi
L’ultima della fila
fu mia – ineluttabile
con dignità rimasta
a guardia dell’antica vita
a sopravvivere cranica
i troppi accenti sbagliati
Potente da specchiarsi
senza arrosare guance,
senza essere capita
se non dalla tua costola
amata
Ebbe di che lamentarsi
– il passo solitario –
annusando poi tra calle e canne
la brezza stimolata dalle barche
e dagli stretti palazzi …
… lì dove l’immagine viene
ad ampliarsi su salsedine nostalgica
e sempre rimane eterna ad aspettarci
© ore 8,48