Categoria: poesia

F i e r a

S’ode dall’alto
il volume del trasporto.

Forse è il tuono
che succede al lampo
s f u g g i t o.
Ma quest’odore parla chiaro
all’ intuire,
è verità sublime
che mi fascia.

Godo ai primi brividi
a salire
a quella voglia di tana che mi prende
F i e r a
d’essere così rimasta
sotto la coltre
arata.

E gli argini cavalco con le tempie
mentre Tu mi abbracci

con le mie stesse braccia.

@ ore 7,33

La Noce

Ho crisi d’astinenza
mania d’onnipotenza

Mi fuma un calumet
insano
dentro il cervello

<La voglia di una Noce è tanta>

Guardo sul mio palmo:
tolta dal suo mallo
e così sola,
il nocciolo legnoso
nel segno di due valve

<Tra una morsa l’apro>

In fondo è tutto lì:
nel guscio chiuso il Mondo
che basta un gesto e un morso
a farlo scomparire.

@ 16 giugno 2020 – ore 9,00

R o s a S o l i t a r i a°

… dal rosso tramonto
p r o f o n d o
alto cipiglio
nel poco del giorno
non muovi
se non col vento
oltre le grate
che tengono
affacciati pensieri
da un chiostro

All’apice sei
del Tuo avvenire,
b e l l a
da non reggere
lo sguardo
chi ventura ha
di vedere
corolla
a formarti
carnale madonna

In ogni petalo del volto
le carezze di Lui
hai raccolto,
fra pioggia e secco
divenuta
I d e a

c’è moltitudine d’altre
nell’aria che vola

ma < T u > unica e sola.

°
Ispirata dalla “Rosa Solitaria”
pubblicata nella sezione FOTO.
(© 14 Giugno ore 7,00)

Come fossimo Due per sempre°

Quale meravigliosa perdizione
è al Tuo cospetto Amore.
Non bussa
… Lui entra …
e ti fa prigioniera.

Amami!

<così implorava il cuore>

annullami la pelle
scorrila
attraversala
che in ogni mia parte
ti appartengo.

Noi
in un sol corpo.

Io
che mora fui,
le labbra tue a bermi
il tempo di una svolta.

Tutta la bufera dentro
dove dorme il su e giù
del vento
e l’abbraccio s’intreccia
immensamente freddo
con la morsa della sete.

Ora

nella terra degli amanti
ti penso,
a gola tacita,
in appello di parole
sempre più sole,
e solo per i miei occhi ti conservo

tra le frange del mio porto
in una piccola miniera
mentre dolce mi guardi

come fossimo Due per sempre.

°
giovedì 26 dicembre 2019

O n i r i c a

C’era vento.
Basse nuvole da neve
nicchiavano ormeggiate in cielo.
La mia stufa accesa
aveva lingua calda
ma non l’azione a regolare le tempie
né lo stacco dal fiato sospeso

Un ragno penzolava giù
dal tetto a velo,
anche lui indeciso o in attesa
nel calvo sistema.
Io Onirica mi disperdevo
su bianche distese,
al di là d’organze e vetri
che speravo m’accogliessero

Poi mi rammentai della mia fruttiera
del tondo tavolo d’ebano
e luce diedi alla mia guancia in ombra

cova di qualche mela ancora.

Quando l’odore della terra …

Quando l’odore della terra tornerà bambino
a quell’erba inutile tra i fossi
alle macerie preziose come scrigni …

m’andrà via questa paura che continua a crescere.
Non temerò il vetro che s’affonda al piede
rifiorirà la fontana dalla testa di pigna

g e n i t r i c e

Sarà il naso avvinto al mento
o sarà ancora alto con la punta al cielo?

In questo viaggio che ci sbarca …
e conchiglie stramazza
sulla rena.

I c o n a

Da quanto non la trovo
e non provo più a parlarle
conscia di quel ristoro
che tutta mi permeava
di luce palpitante
i vichi della testa?

I c o n a

e il suo sorriso sulle guance
alle soglie d’un’estate
che indorava
colonne di marmi
da sublimi raggi carezzate.

Fresca eco ventilava
evanescenze e sussurri
ombre danzanti a dare requie
su piazze accese di promesse.

La primavera avevo ancora sulla pelle
prima di passare,
e una via dai semi ardui
che i miei piedi non sapevano.

… e Io ero lì da sempre

La salita aveva un Fondaco
via dei Lanaioli
e dell’Amor Perfetto
.
Malapaga
mura al porto
antico
ma non finto

<>

Gabin *
vi s’aggirava
tra doni di macerie
vittoria da sconfitta
luce dalle tenebre

la Lanterna imperterrita
e scampata
col suo dito a segnare il cielo …

… e Io non ancora nata
che ero lì da sempre.

*
Omaggio a Jean Gabin e al film “Le mura di Malapaga”

Tutto il mio fiato

Su cuscini di nuvole
in lento defluir d’adagio
va l’insieme dalle mille forme
cauto lucore a muovere e conclamarsi.
Affacciata al Mondo
zefiro è fra i miei capelli:

Io sono … Tu che sei …
a coniugarci l’anime e i sensi

Veglia s’addorme e sonno si desta
su pianori musicali,
spighe splendono sotto i baffi
del sole,
girasoli inseguono note
d’ebano e avorio

.ma non bastanti.

Ché l’acqua cerco e voglio a denudarmi,
un odor di pioggia che mi sfoghi ampia
irruenza celeste e infernale,
una spiaggia morbida ai piedi del mare
dove correre l’onde alte …

… e bacio dopo bacio spendere tutto il mio fiato.

Il Dormiente

Giace il cappello sopra la sua cosa.
Chino al Dormiente
ha cenni di giallo su di sé
e l’abbandono.

Non lo si vede ma lo si immagina
il respiro
nel suo entrare e uscire da quel sacco
che nessuno reclama

Tutti hanno un passato

ma forse lui sogna sogni senza immagini
per le troppe che l’hanno consumato.

Una bottiglia salata sta alla bocca arsa
come equazione d’una sveglia smemorata,
Il bagaglio fianco a fianco
arrotolato in pezze una dentro l’altra.

E Kandinsky mi sovviene
così, d’un tratto
senza mungere il sapere musicale

in uno spazio corridoio
panchina di metallo e corpo solo.