Incipit
John entrò
di pianto felice
nel fumo di un night,
bianco impermeabile aveva,
il bavero alzato
/Suonava malinconico
un sax/
In fondo
l’aveva solo uccisa
…
e altro non gli serviva
oltre a un pezzo di ghiaccio
in un drink
John entrò
di pianto felice
nel fumo di un night,
bianco impermeabile aveva,
il bavero alzato
/Suonava malinconico
un sax/
In fondo
l’aveva solo uccisa
…
e altro non gli serviva
oltre a un pezzo di ghiaccio
in un drink
Passano la chiusa
diligenza e giorno,
effluvi di ieratiche droghe,
lunghe notti
dalle occhiaie viola
Ed eccola l’estate
torna
monotona non è
anzi
forte la calura
ma
pure l’ombra
agli angoli assiepata
dialettica al sole
Io la preferisco fra i conventi
dei giardini e degli orti,
nel silenzio delle mura,
quando l’aria prega d’alloro
e d’alchemilla brilla rugiada
nascosta.
Così che limo cocci di bottiglia
con l’ostia del ricordo
E all’orma di quel silenzio
volgo il mio
…
che in fondo a Lui somiglia
°
Dal Web:
L’alchemilla è la quintessenza dei ritmi femminili e dell’essere donna.
Stando alla dottrina delle segnature formulata da Paracelso, questa pianta
è attribuita al pianeta Venere. È il simbolo della femminilità
che riflette ¬l’arcano della fertilità e della nascita. Le guaritrici
conoscevano le virtù par-ticolari dell’alchemilla già prima dell’avvento degli alchimisti,
ai quale l’alchemilla deve il suo nome. Veniva chiamata «Sinau», la pianta con l’acqua
della vita eterna (sin = sempre; au = acqua), per via della goccia
d’acqua trattenuta alla base della foglia, ricordando un po’ l’organo femminile.
Questa goccia d’acqua non è dovuta solo alla rugiada mattutina.
¬L’alchemilla trattiene la perla d’acqua anche una volta evaporata la rugiada.
Essere
/e fruttificare
il dono del Tuo polline …
… nel passato
delle doglie
ai piedi
degli incontri
incinta del Tuo Amore/
guardandoti negli occhi
… quanto Amore
può contenere un corpo
se quando ti penso
contengo l’Universo
e gli astri
mi tornano
s o l i
Grattacieli d’acqua
f l u t t u a n o
vacui natanti
Una siepe in plexiglass
lumeggia arcobaleni.
L’autostrada
ne sovrintende
il fluire,
i luminosi tratti
che si tacciono
Piena questa notte
venuta da eclissi,
messaggera
della nuova estate
così occulta da qui
Vale la New York dei bei tempi,
la camicia a quadri
che risplende nel mito dei suoi film
@
ore 9,00
Immaginami
come ti piace immaginarmi …
coi polsi slacciati
i capelli sciolti
e il Tempo fermo a quell’Ora
Adagiata
in luce di penombra
i seni bianchi
ventilati dal cuore
un filo di merletto fra le dischiuse sponde
l’odore che ti guida la passione
e le mie labbra di ciliegia col succo che cola …
Ha rigo amaro il riso che nuoce alle giunture
sotto un basso cielo
d’umori umido
pare infisso in un mondo di paludi
senza righe a delineare
ma tossiche
e presenti
nello stato immobile dell’antro
forse un triangolo
scaleno
per scivolare
geometriche discese
O lì a calcolarti
l’incalcolabile
con il sorriso a freno
giusto per serbare
tra acuto
e ottuso
l’ansia di un rettangolo perfetto
V i v e r m i
per quello che sono
per quel che mi sono
come si è
lo scocco dei passi.
Sbucciare e gustare
finché ci trattiene
rossa spugna battente
nel sacrario del sangue
… e pulsando …
sentirsi
nella Valle dei Templi
presenti
campo in un mito
inconsunto
amanti del lampo e del tuono
d’ogni stigma di stelo
che dal Cielo passa alla Terra
ma soprattutto
indossarmi i momenti
spogliarmi mentre mi guardi
vivo di desiderio l’anima a pelle
e bella mi vedi – la più bella
e io ti credo
di nudità fiera
alba di un Tempo
Guardami
ancora un attimo.
Potesse essere l’ultimo
e nel Tuo portafogli
prender spazio
Tra le sue pieghe
serbato
protetto
coccolato
anche di straforo ogni tanto …
… e Io stupita
di vedermi lì
e non trovare altro
in quel caffè
lontano
C’è sete di sole in questo mare
d’acqueo destino
Mi confronto alle orme,
l’asfalto ausculto più che la terra
per rivedere il suono del catrame bollente
Esistono praterie nel cielo
s o s t i t u e n d o
quando il crepaccio invoca
in un nido di vetro.
Improvvisi rintocchi a batacchio segreto,
raccolte di fieno lucente
nel borgo che respiri ha paralleli …
… Nostri e del vespro
Tu che ne pensi?
Io penso alle ali fedeli
/non importa se di passero o falco/
al cinguettio che è dono di sempre
/sia acuto o roco, argentino o vermiglio/
al tocco della pelle viva
/che congiunge la Tua alla Mia/
ai binari presi all’inverno
nella sfera dell’aria sospesa
per scaldarli di nuove albe.
E, sebbene quel sacco non sposti la polvere del peso,
la nuvola che resta alla testa
ormai ci è innocua
… nell’Arte e nei sentieri …
con Noi intensi nel vibrare
dispersi ad ascoltarci
il senso delle briciole e della neve