Categoria: poesia

Tatto

Ti parlai
di quell’abbraccio tondo
sapore d’assoluto:

sporgesti dal cassetto
spiagge a Noi lontane avute,
circonflesso accento
su bambagia andata nell’incastro duro.
E sentii becchime annuvolare l’aria

Ma il tatto si fece
in nuove note certe
e alla tua spiaggia mosse
commosso respiro
di cristallo …

… e tu a dirmi
del fiato mio e del tuo

a s s i e m e

fino alla fine

L’Incompiuta

Vago
nel paese delle note
il mio cammino:
c’era una volta e c’era ancora
Mondo
di musicali fiori
e frutti e spezie e stoffe
l’oriente
sulle bianche scogliere di Dover

LA

che inizia e mai finisce il ricominciare
pentagrammi e spettri colorati
e corde fiati filari d’uve settembrine
lo zampillare di fonti divine
propulsioni vorticanti armonie
fra adagi e minuetti e …
l’Iconoclasta
che spesso ancora mi combacia
il senno onesto e intatto
d’una giustizia perfetta

Ma è l’Incompiuta
che da tutto stacca la sua immensa Sinfonia
rimasta fra cielo e terra …
il cuore che ne sommerge

il midollo acuto dell’anima

I marsupi del Borgo

Anelito
anima comignolo bruno
in lento sfiatare gelida bruma
l’ultima eco.
E il resto …
… il resto s’accampa sugli scogli d’un volto
coi piedi per terra,
nel tremore silente
l’attesa di un rivo non chiesto

Fra i marsupi del borgo
sparse tenaci
stanno le radici delle vecchie case
e le loro stampelle
gli occhi accudenti
le calde fiammelle.
E il tepore che emanano assieme
è un salire che sale quando sale anche
il freddo del vento sulle strade di ieri:

sono troni di pietre
tra tronchi di quercia

Dal Sudamerica a qua

Anni montagne
dal Sudamerica a qua

¿ Ci pensi
nello iato d’una convenzione
che ormai cielo e terra avvicina
e mari a dune indicibili …
valse l’equazione
il brado ondeggiar delle nullificanti giunchiglie …
… e dove li metti i glicini
rampicanti sulle nostre spalle
impossibili
e i pensieri che smuovono dalla sedia
l’Infinito?

Luccicante gemellare
rimasto intrecciarsi
a punta fine
in cose da far arrossire le rose
smarrite
nel disordine di un ordine
non comprensibile

e indenni rimanere
oltre la muraglia del riso
facciata che si sgretola in nome delle cellule

densi di quel sapore che ci contiene nella sua Rima calda

Quella Volta del Cielo

Verde velluto
il faggeto
boscoso autunno lo spicca

è dono di fiaba fiamminga
l’algido spicchio,
d’arancio il tappeto
ai suoi piedi

Nessuno ne tocchi il silenzio
grigioazzurra foschia
i rami fatati a dipingere

quella volta del cielo

Nostalgia

Cosa cambierebbe se anche quando
… Tu non fossi più Tu.

Spesso mi domando
su quest’ultimo tornante
guardando il paesaggio intorno
le curve dei fianchi e del boa

Sapere
intuire
spola facendo fra i ricordi
m a n t r a
lo strappo delle labbra

raccontandomi illusioni guarnite
le notti e i giorni
a inseguirmi

fuori da questa realtà
impossibile

Hisaishi

Morbide fessure aveva il sogno
sul mio corpo – sul tuo

Eteree vie
fra profumi misteriosi
Hisaishi nei lobi.
E gli alberi e i fiori
in un tutt’uno

l’aprirsi della notte
alla sua porta dolce
mansueta al desiderio
generosa cascata di germogli
e Tu
eterno
in tutto quel poco
ogni scritto divenuto
tangibile impronta

Così che ci amò la notte
temendo del mattino
l’emigrare delle rondini


le stazioni abbandonate
mai lasciate sole

Umida e fatale

No, lascia perdere
che non è la sera giusta.
Sono preda dei ricordi
agganciati al fiume viola,
stanca farfalla
dal petto trasmigrata

Voglio volarmene in calata
lì nel mio porto antico
accanto a quel lampione che ha luce di rugiada
sul barbaglio dell’acqua,
fra barche sonnolente e spiccioli di gente
indossare ninna nanna
non pensare a niente
non allo sguardo che non guarda

e poi

r i t e m p r a t a

sventolare le mie ali
al vetro della Tua anima
scoprirne il filo elettrico

umida e fatale

3

ali di sabbia
sorvolano deserti –
secca risacca

>

terra nell’unghie
ricorda la semina –
albero cresce

>

ruota la vita
la farina e la fame –
mulino al vento

<

111111

Sembra ieri

e meraviglia il Canto,
certo più malinconico
ma voluttuoso
dentro il Nostro sangue

Alla fonte
lo stato di Esserci

/ Tu per Me – Io per Te /

In questo sempre così friabile
la pesca e le guance
l’eco nella testa
quel treno che ha occhi di stelle

e a passi marinari
aggirare il destino

/ vicoli di Noi stessi /