Categoria: poesia

E ancora cresci … profondo fino al cuore

Sono
su giaciglio pronta alla trebbia
irrorata da succo denso perlato
al tocco e all’occhio.
Mentre l’appena dolce assaggi
ne levighi i petali.
Farfalle le tue labbra in fiore
solleticano falde e narici,
poi s’attaccano a turgido pistillo
maschio
di femmina in fiamme,
ne fai capezzolo
suggendo tutto il possibile.

S’apre
in mezzo alla radura
la profana fessura
rivolta al Dio piacere,
da volo esasperato di respiri
dentro il lago Tu m’entri.

E ancora cresci …
profondo
fino al cuore

Bianche

Quasi un ritorcersi
nei braghi.
Cade la neve,
e solitudine
mista a una candela

un lumicino trema

nella stanza
avvolta in chiaro scuro
tra i severi canterani
della scorsa epoca

e non sono mai state cosi bianche le mie mani

Prugne

Era la notte che passava al giorno la palla dipartita
un campo con il tanga smunto e il reggiseno spoglio
dell’anima

che poi il dire della battona a fare specie
qualche volta reca muta domanda in campo
attaccata all’angolo con la sigaretta in bocca

/senza essere Bogart/

avendo una prugna secca in mano e l’altra intenta ai ferri del mestiere

Del Tempo

Ascolta …


come è possibile che batta rintocchi
e ti stupisca quando poi li smette?

Immedesimati …


a volte rallenta
a volte più svelto rimbomba

E tu da lui fiato lungo pretendi e la corsa
rimproverandogli il corto movente …

che soprassieda
ai dispiaceri
alle ingiustizie
alla anidride carbonica
ai continui assalti del mondo

bastante della rara gioia

quel continuo che dona al suo corpo
anche lui fatto di polpa
col poco troppo che spesso gli torna

fino alla fine del corso

Un ricordo

Ed era all’ammezzato
che mi sovviene il braccio
s a l v o

L’attesa
i giornali d’altre epoche
troppo sfogliati
martoriati,
gli occhi stanchi a guardare lo stesso ritratto
che forse ora aveva i capelli bianchi,
qualche fiore ad appassire il fiato
dai cappotti ai ventagli

Fuori
tutto volgeva placido
al venire, all’andare.
I fari
i corpi
ritornavano,
se mai
ci fosse stato luogo
di a da in con su per tra fra,
la farinata nella bocca calda

E il pensiero magistrale
s’ingegnava
dando mano agli altri
suoi pargoli
l’orecchio sempre teso verso quei passi trafelati
a dire:

  • Scusate, ho fatto tardi

Dentro l’Altrove

Cosa si nasconde
dentro l’ inchiostro che non vuole scrivere,
nell’interno più profondo attraccato all’intuire?

Se non il chiuso stretto dei segreti
in mucchi d’angoli
da troppi inferni impresso e da pochi paradisi

lì,
abissi d’urla e bisbigli
sguazzano chiostri atipici
non meditano né pregano
e pronta è l’esplosione
a rimuovere carezze da tutti i laghi alpini
a spappolare tenebre con tagli d’accette
a sbollire istinti che nessuno chiese

in nome del sangue dei vivi
in nome del sangue dei morti
dato – preso – ereditato

O semplificando nomi
nottole e colombe
cieli alti e dirupi privi d’etica e morale
dibattenti
l’annaspo schizzato sulle facce delle case
non millantate con sorrisi d’angeli



avendo solo osato
l’ i n n o m i n a b i l e


macerie
marchiate da follia

Scialle

Del Me con Te
zigomi di luce
cammineranno
vertebra per vertebra
a schiena alta.
In un bar senza tempo
a palmi uniti ordineranno
del cedro fresco
viali pennellando
e file di lampioni …

nudi della prima – i –

Succo ne berremo
da farlo fuoriuscire.
Sai,
lo asciugheremo
lingua a lingua
fra le antiche vie.
Il mio anulare sarà solerte
e zefiro nascente
sulla Nostra pelle …

… mentre mi scioglierai i capelli
in uno scialle fluente
con tutta la profondità dei cieli

Cuore e Mente

Ah, prenderti dal nido
un poco di respiro
e assieme al mio
riconsegnartelo
in complice assonanza

e s s e n z a

il mio sentirti e li vedermi

a c c o c c o l a t a

sotto un tetto d’ali
fra le Tue braccia

Ensō

Scorre

la seta del cigno dagli occhi bianchi
gira e si rigira
dentro il suo ombelico
silenzio dipinto
nudo senso dell’acqua

emerso

l’incedere lento, affusolato
le piume perfette, il tono glaciale

pare senza zampe …
… quel cercare l’Infinito nel laghetto di un parco

Andante

Volgo,


e scricchiolano la ghiaia.
Rispetto vorrei dai miei passi:

Tacete vi prego!

Qui tutto ha sapore d’inverno
turbare non voglio
quel sonno che veglia lo stormire degli alberi,
la loro voglia di primavera
che rami pianta in cielo

Né voi che grondate a linfa secca
scintillata rugiada

speranza bevendo dall’umida terra