Solitudine
< Sì >
essere ciò che si è.
Quadro reale
tangibile
inconfutabile …
… i giorni
che si perdono e accumulano.
Ognuno alla sua porta.
E farne Solitudine
carezzarne le fusa..
< Sì >
essere ciò che si è.
Quadro reale
tangibile
inconfutabile …
… i giorni
che si perdono e accumulano.
Ognuno alla sua porta.
E farne Solitudine
carezzarne le fusa..
È come esigenza d’astinenza
la voglia d’accendere
appena l’alba chiama.
Improvvisa sete
l’estate a liquefarsi
sull’asfalto ammantato da un miraggio occidentale,
tormenta di fame
all’addiaccio algido che non dà tregua,
ricerca suprema d’una tana
disgelando l’Essere
almeno in un atto di speranza
liberato da paure e tristezze
foss’ anche per un attimo.
Farne fiori di campo
carezze sciate sul bianco
carrucola nel pozzo di se stessi.
E scrivere di Noi
ridisegnando passi e volti
…
per non dimenticarci.
All’imbocco del viottolo
c’era la sera,
lo zingaro pellegrinare
delle zagare,
e qualche moneta.
Poteva essere campagna
oppure mare,
ma il cielo era rotta certa
così pieno di lampioni astrali
e la vestale tonda e serena
… voglio vederti i pensieri
forse immaginarli …
stava l’attimo prima di parlare
quando da una qualche parte
avvenne lo strombettio d’una macchina
e la luce d’un semaforo
a essere lanterna.
Così tornai alle scarpe, e ai passi
antichi e confortanti
che non rinunciavano alle gambe
né alle loro braccia da una bocca all’altra
fasciandoci in un’unica sciarpa.
In diagonale
si notava appena.
L’attenzione andava
alla strada,
detriti d’alabastro
la splendevano bianca:
-Fosse l’illuminazione che salva da qualsiasi cosa possa salvare!
La percorse visionandola nel giorno di un sogno
a criniera ampia.
Striature zampillavano l’aria,
nuvole guarnivano di panna
il tetto d’una casa,
nel silenzio di un pathos claustrale
che profondi emisferi univa.
Gambe lente e vellutate
macinavano
appaiando blasoni da fiaba.
E mura antiche non guardavo
raccontare
…
perché Tu lo facevi
coi tuoi occhi luccicanti
a timide finestre
con l’Eros alle persiane.
Nel folto
luccicava qualcosa
un’ iride
un’idea
l’epifania di un volto in viaggio fra la nebbia.
L’umidità valeva
come crema famosa
da stendere su quel volto percepito
forse intuito.
Una rupia, un marengo
non so quanto oggi.
File di pioppi e fossi
bianco sporco i tronchi dei giorni
e sul quadro luminoso
che ho acceso in fronte.
Sbaffa il marrone
scacchiere di campi
dove forse gioca Dio
con gli uomini
la Sorte
Bianca è la neve che incanta
l’inverno.
Diciamolo
anche perché così si racconta
da sempre.
Lei esce dal tempo e lo ferma,
dal cielo cade che pare contenta.
A volte succede che il vento la scosti e la sbalzi
ma poi le sue piume rinvengono
e danzano
mute nell’aria una danza
perfette farfalle
perfetti diamanti
che scendono
ovunque si posi una trama.
E vive l’essenza
la voglia di sogno
il respiro che esce dal corpo
e si scioglie.
Grande contrasto ha la fame del pettirosso.
Le ciglia sono volute grate
quando le socchiudi
posizionate verso il sole
ed è quasi acqua l’aria
che tra loro s’intrufola
in un delirio di luci
a solleticarti la gioia.
In quel momento
<un haiku di momento>
ti illumina la storia
di virginea memoria
e come nuovo lo sguardo
si propone aperto sul mondo
al gusto delle piccole cose
divenendo un tutt’uno
che passa
come un treno veloce.
Imbavagliare a volte
vorrei il Pensiero
che non sempre cerco.
Ma Lui m’insegue e acchiappa
e non ho scampo
si frantuma in altri, altri tanti.
A seconda della luce che capita
dell’ombra anche
seguono i binari.
Come quando la scelta parla
oppure il caso
e convoglia da un passo all’altro
ai crocevia che in un momento
accadono …
… mutando Vino e Calice.
Correva
nella pineta
silvestre e solitaria,
la resina si scioglieva
da dura corteccia
< Era nuova puledra >
Lui galoppava
criniera e capelli
a pelle sudata.
Fermi gli istanti
caldi gli sguardi
fresca la fonte
scrosciava di sete.
Lei si piegò
nell’acqua colante
dalle labbra ai seni.
Palpitava calura
dai pori silenti.
Ma bisogno non ci fu di parlare
poco distante
la roccia s’incavava …
Liberami …
… toglimi da dosso ogni orpello e fronzolo
che la parola non abbia catene …
… salvo quelle con cui stretta mi tieni
via da ogni imbottigliamento
d’illusione cosmica invasa
assetata di sete
ebbra d’Essere
senza più sopravvivenza.
Bisogno ho della tua lingua calda tra le mie cosce aperte
dove anche la mia rosa si sveste.
Entra
con potente essenza
entrami
che nelle sue setose labbra …
… lei ti bagna di perle.