Fuori dalle pagine
Quanto limpida acqua affoghi stomaco e sguardo
– pur non sgorgando apice
nemmeno la pietà d’una meridiana –
sia più cosa del sentire che del sapere
ora mi è chiaro
Liquefatto ogni strato di speme
al rosso si dia il bianco – al nero zucchero filato
libero agito all’iniquità dei prati verde acido
e nulla potrà sventare la verità del pino marittimo
immenso nel suo cappello sul mare,
anche se appartato fra crepe e afflati il Convento
custodisce nella sua muraglia inciso
d’arsure e macchie sgretolate
Quali colori dunque possono parlare il canto
d’un organo d’inverno fuori dalle pagine?
Si chiedono mani con nocche senza sangue
piegate su calpestii cerati non riuscendo a strizzare ragione
che conforti da quando sull’orizzonte – finalmente steso –
sta quel compulsivo amore …
… e nessun perdono e nessun volto
potranno mai avverarsi
© ore 11,02